Mantenimento coniuge e figli: come viene calcolato l’assegno

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L’obbligo di versare una somma di denaro, solitamente con cadenza mensile, a seguito di separazione o divorzio, in favore dell’ex coniuge e dei figli trova la sua collocazione legislativa nella legge n. 54/2006 e all’art. 155 e ss. c.c. Il c.d. “mantenimento” deriva dalla previsione codicistica di cui all’art. 143 c.c. in cui viene sancito il dovere di assistenza morale e materiale tra coniugi. A seguito di separazione il vincolo matrimoniale viene sospeso lasciando, però, inalterato lo status di coniuge e, di conseguenza, quella assistenza reciproca di cui sopra. Condizione necessaria affinché possa essere erogato l’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge è l’insufficienza di mezzi economici propri. La Suprema Corte ha, infatti, precisato che per ottenerlo è necessario che il beneficiario non possieda redditi propri e la misura de quo debba essere in grado di garantire lo stesso tenore di vita che si possedeva in costanza di matrimonio. Certamente il coniuge potrà anche rifiutarlo. Tracciato il quadro generale relativo ai presupposti e alla cornice legislativa, è necessario operare delle distinzioni. Nel caso di separazione con addebito, ad esempio, sebbene vi siano tutte le condizioni per ricevere il predetto assegno, il mantenimento non è dovuto. Tale scelta legislativa ben si intuisce: non sarebbe certamente corretto che il coniuge a cui è addebitabile la separazione riceva dall’altro un simile beneficio. Nel calcolare il quantum dell’assegno il giudice deve tener conto dell’intero patrimonio riferibile ai due coniugi, comprese le proprietà immobiliari. Infatti è ben possibile che all’ex coniuge venga assegnata la casa coniugale, sempre a tutela della prole, che inciderà sulla stima dell’assegno di mantenimento, poiché determinerà certamente un risparmio di spesa per il beneficiario. Per quanto attiene, invece, al mantenimento dei figli il codice civile, all’art. 155, specifica che questi ultimi hanno diritto a percepire una somma di danaro con cadenza mensile al fine di ricevere cure e assistenza, anche morale, educazione e istruzione e mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori. A tal fine il giudice stabilirà a quale dei due genitori, oppure ad entrambi, saranno affidati i figli, a quali condizioni l’altro coniuge potrà incontrarli (c.d. diritto di visita) e la misura dell’assegno di mantenimento, tenendo conto delle esigenze di questi, del c.d. tenore di vita in costanza di matrimonio e delle risorse economiche che fanno capo a ciascun genitore. Anche per quanto attiene all’assegno a favore dei figli è necessario operare una distinzione. Il legislatore non ha posto, quale limite alla corresponsione, il criterio del raggiungimento della maggiore età bensì quello dell’autosufficienza economica. È ben possibile, infatti, che i figli, pur avendo compiuto il diciottesimo anno di età non siano ancora in grado di provvedere a se stessi. Pertanto, l’assegno potrà essere ridotto oppure cessato solo nel caso in cui la prole disponga di mezzi propri, sebbene sia del tutto pacifico che spetti comunque al giudice, una volta accertato l’impegno e la situazione patrimoniale dei figli, decidere se cessare, ridurre o prorogare il beneficio.

Ma come viene calcolato l’assegno di mantenimento?

Quest’ultimo, certamente, si compone di parecchie voci considerando che si dovrà tener conto di tutto ciò che occorre ai figli per vivere: alimentazione, vestiti, libri, visite mediche ecc. La somma delle singole voci di spesa andranno a comporre l’intero importo dell’assegno. È doveroso, però, compiere alcune precisazioni. Innanzitutto, nel quantificarlo occorrerà considerare i redditi e il patrimonio dei coniugi, le necessità del beneficiario, il tenore di vita della famiglia e se sia stata assegnata o meno la casa coniugale. Inoltre, esso verrà ricalcolato ogni anno, essendo soggetto alla rivalutazione Istat (rivalutazione automatica) così come all’aumento dei prezzi, all’esigenze dei figli, agli andamenti del mercato ecc.

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